"Forbici, incenso e canfora": recensione di Claudia Palombi

Impressioni di Claudia Palombi dalla lettura di

Forbici, incenso e canfora, di Lu Min,

traduzione di Fiori Picco, Fiori d’Asia Editrice, 2022

 

“Tre racconti dal sapore antico che rivelano la caducità dell’uomo: un sarto prigioniero della sua omosessualità celata, un eremita e monaco laico sconvolto dall’intromissione di una disadattata, un vecchio che programma il proprio funerale. Forbici, incenso e canfora: tre simboli che in successione rappresentano la carnalità, la spiritualità e la precarietà dell’essere umano.”


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L'autrice cinese Lu Min


Vado a ritroso, poiché quello che accomuna i tre racconti, a mio avviso, è proprio “il passaggio”, il cui triplice significato è reso più esplicito nell’ultimo racconto. Inoltre in tutti e tre è presente la forza della tradizione e quanto essa viva nella modernità, e dalla narrazione di Lu Min risulta che gli abitanti dei luoghi partecipano alle vicende sia con l’animo sia concretamente. Anche questi aspetti sono più evidenti nel terzo racconto, Canfora. Dunque inizio da esso.

 

Canfora. La ritualità del passaggio, che meraviglia! Passaggio da una sponda all’altra, passaggio dalla fanciullezza alla vecchiaia, passaggio da questa a un’altra vita. Oltre al senso profondo del (ri)attraversare, ci sono i sensi acuiti: il gusto, l’odorato, la vista, a proposito della quale spicca il senso del colore, il prodigio del colore. Tutto è spiegato e raccontato per giungere al trapasso di Peng; nello stesso tempo tutto è essenziale, senza sbavature, lucente, come l’acqua molte volte attraversata dalla barca di San Ye, che accompagna il passaggio di Peng.


Incenso. O della destabilizzazione. Il monaco laico crede di aver trovato la serenità nella sua routine quotidiana. Ma la sua pelle, gli sfoghi della sua pelle contraddicono la presunta pace. Poi arriva la donna, e lui non ha più certezze, non la vuole ascoltare, ma inizia a provare tristezza. Immagini lo incalzano nei suoi pensieri, superbe, poetiche e crude immagini.

Tra i due è incontro/scontro, lei scrive liste della spesa, lui copia le scritture; il punto di vista è dalla parte del monaco laico, ma poi lui lo dice: “Sei molto più monaca tu di me”.

E noi proviamo simpatia per lei, per la sua risata ora forzata ora spensierata; vicino a lei lui inizia a provare ricordi e sentimenti. Lui tende all’apatia, lei vive con entusiasmo – en teos, in dio. Lui tornerà nel mondo civile, lei passerà dalla “porta del cielo” a un altro mondo.


Forbici. Quello, dei tre racconti, che ha avuto bisogno di più pagine e parole, per raccontare, dal punto di vista del ragazzo, Xiaotong, una storia complessa: il ragazzo da adolescente diventa adulto nel percorso di apprendistato accanto ad un bravo sarto, mastro Song. Ma molti personaggi sono delineati in questo racconto, oltre al ragazzo: i suoi genitori, la madre del sarto, il sarto stesso, la gente del luogo, le clienti, tra cui la bellissima Yingzi, che porta sempre stoffe bellissime e non cambia mai le sue forme perfette, il di lei marito, e un’altra donna, Wangshi, quella brutta che sa confezionare scarpe, e il di lei marito. Alcuni personaggi sono più vividi, altri meno, ma tutti si stagliano dalle pagine, dalla densità e dalla forza della sensualità che in queste pagine vive e sottende la trama. Così, dai primi confusi approcci sognati da Xiaotong nel letto di mastro Song, omosessuale, alla consapevolezza del ragazzo di desiderare Yingzi, mentre lei ama mastro Song, che tutte le clienti vorrebbero, fino alla decisione di mastro Song di mettere la gente a tacere e “dare un taglio” ai mormorii e avere un rapporto con Wangshi. Quelle mani abili, “asciutte e calde sotto le coperte” recidono i propri genitali e lo portano in cielo. Un racconto che colpisce, per quanto detto e per la quota di ineffabile che porge tra le righe, fino a rendercene partecipi come se fossimo lì presenti, e come se fosse stato detto tutto.

 

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Claudia Palombi nasce e vive a Roma fino agli studi universitari, che la portano a Bologna, dove rimane per diversi anni lavorando alla Rai, quale attrice, regista, conduttrice di dirette radiofoniche culturali e di attualità. Intanto studia recitazione con maestri internazionali, quali Grotowskij, Barba, Ennosuke III, conduce laboratori teatrali, è docente di tecniche espressive fisiche e vocali in corsi CEE, attrice nei teatri, prepara attori e firma regie di spettacoli. Dalla sua tesi a pieni voti Bulzoni pubblica Il gergo del teatro (1986); segue Ermete Novelli (Guaraldi 1994). Le vengono commissionati un paio di manuali sull’espressività teatrale ad uso delle scuole elementari: Fa-Re teatro nella scuola e Argante, Bea e gli altri, (Armando 1998). Da allora scrive fiabe, filastrocche e pièce per bambini, traduce dal francese saggi sul teatro e realizza eventi teatrali. È ideatrice e coordinatice del Premio Nazionale Bianca Maria Pirazzoli per attrici e scrittrici giunto alla terza edizione, mentre è del 21 novembre 2021 la serata di gala del Premio Lirica Luciana Palombi prima edizione, rivolto ad aspiranti cantanti liriche. La seconda fase di entrambi i premi culminerà in uno spettacolo teatrale per la stagione 2022/23. L’antico amore per la poesia, sopito tra le quinte dei palcoscenici, la porta a vincere alcuni premi: da cui la sua silloge Nel seno del tempo (SwanBook 2019) e vari inediti. Pubblicazioni più recenti: il romanzo per ragazzi L’enigma della casa (1° Premio al Concorso Letterario “Città Di Grottammare” – Franco Loi 2022) e la riedizione di Gloria Muccalesta Superstar, entrambi ed. Giunti, 2021. Vive felicemente in Veneto da alcuni anni.